mercoledì 5 gennaio 2011

Arte e professionismo: antipodi

Mi sono deciso a buttare giu' due righe sul mondo che separa arte e professionismo perche' da molto tempo guardandomi intorno vedo che in molti faticano a coglierne la differenza (cosi' come tra arte e intrattenimento e scrivero' anche di questo in futuro).

Ci sono campi in cui i professionisti sono decisamente imbattibili - lo sport ad esempio.

Nell'arte questo non accade e anzi succede spesso il contrario.
Ho capito nell'arco di anni che il professionismo, nella musica ad esempio, e' sovente sinomino di pressapochismo becero.

Mi spiego.

L'arte e' un mezzo che l'uomo utilizza per creare bellezza (anche fine a se stessa) ed emozioni affrontando qualsiasi tema da un punto di vista nuovo o che perlomeno faccia affiorare nuove riflessioni sullo stesso.

Il professionismo nell'arte manca di quella scintilla che solo il non-lucro puo' assicurare.

Manca di ricerca, di approfondimento. Manca di carattere.

Un professionista spesso e' uno che ha studiato anche tanto. Ecco. Lo studio nell'arte lascia un po' il tempo che trova.
Le tecniche, certo.
Ma durante gli anni di studio manca l'approfondimento serio, la vera comprensione, l'essenza. Durante gli anni di studio si studia - l'arte va ben oltre.
Nello studio (dai libri poi, come direbbe un amico) si arraffano nozioni come se si fosse ladri in un negozio lasciato aperto.
Chiunque puo' studiare ed essere un buon professionista, non tutti possono essere artisti.
Per non parlare della gabbia che lo studio ti blinda addosso.

L'arte se ne frega delle regole di mercato. L'arte e' al di la del tempo.
Il professionismo e' zeppo di regole. Il professionismo e' effimero.

Quindi il vero artista e' colui che non deve sottostare alle regole di mercato e del professionismo?!
Credo di si anche se fare dei distinguo cosi' netti non sempre e' di buon gusto.

E alla fine quello che dispiace davvero e' vedere i professionisti stuprare l'arte in modo cosi' dannatamente professionale.
Sono cosi' bravi che sei quasi imbarazzato nell'interromperli per dire loro che stanno maciullando la parola arte. Che la stanno privando di tutto. La stanno annichilendo e appiattendo con tale furore che ci sembra snob tutto il resto. C'e' un livellamento verso il basso cosi' agghiacciante che l'arte ci sembra quasi maleducata.
E proviamo quasi vergnogna nell'amare l'arte in pubblico.
Lo facciamo di nascosto che alla fine forse e' anche piu' bello.

4 commenti:

  1. Sarò prolisso (captatio malevolentiae minima).
    L'arte (credo) nasce da un esigenza, sempre. Prima era la sopravvivenza, poi è stata la conoscenza (e di rimando quindi se non la sopravvivenza, un miglior vivere). L'arte per l'arte, l'indipendenza e l'autoriflessività del fenomeno artistico, sono esigenze che sorgono molto più tardi nell'uomo, in un momento in cui sembra che il fare arte sia assoggettato a troppe regole e impicci. E' solo con la produzione industriale, e la riproduzione tecnica seriale che l'arte si rivoluziona e inizia a sentire con disagio il rapporto con il mercato. Prima senza il mercato dell'arte non avremmo avuto proprio arte, saremmo oggi privi di Michelangelo, di Caravaggio, di Mozart... e di opere di tanti altri colleghi. Con la riproduzione seriale, l'artigianato sparisce, sostituito dalla tecnica, la quale necessità di estremo professionismo come base materiale e di idee innovative come base creativa. La dirompenza del mercato industriale/capitalista ha reso l'arte uno strumento estremamente efficace del mercato, in cui non si fa qualcosa di artistico e con questo ci si vive, ma si fa qualcosa di artistico per guadagnarci esclusivamente, in quanto l'artistico è il valore aggiunto più efficace. Ecco allora che l'arte insegue come unico o principale fine il guadagno, perdendo definitivamente la sua capacità esegetica. Credo che la reazione autonomista, come quasi tutte le reazione eterofobe, sia una perdita per l'arte, ne temo infatti le derive edonistiche e di autocompiacimento, anche se ne capisco l'esigenza. L'arte a contatto con la realtà non è arte corrotta ma è vera arte in quanto strumento di piacere/conoscenza/emozione legata alla vita. Il professionismo è (credo) un'esigenza della nostra contemporaneità e per molti aspetti una forma di garanzia oltre che il primo gradino verso l'arte. Un'esempio tra molti: Picasso, noto ai più per avere uno stile volutamente semplificato, ha sempre dimostrato una preparazione tecnica e culturale elevatissima, tanto da costringerlo a lasciare le scuole d'arte anzitempo avendone già succhiato tutto il contenuto. Lo studio è quindi assolutamente fondamentale, e necessario alla pratica artistica, che non riesce mai a toccare punte di qualità se non ha una solida preparazione. Per studio, non intendo poi semplicemente la pratica del bibliofilo, ma intendo la conoscenza e l'esperienza. La differenza tra il professionista e l'artista, è che il secondo non si accontenta delle capacità che ha il primo ha, ma che a differenza di lui non usa per andare oltre. C'è poi un aspetto che si deve considerare, il fatto che diverse forme di espressione artistica hanno diverse modalità di approccio e legame con la realtà. Hegel classificava le arti secondo una categoria di legame/corruzione con la materia, e quindi l'architettura la più materica era sul gradino più basso, mentre la poesia, purezza immateriale, ne occupava l'apice. Oggi si deve invece considerare un'altra classifica, che discrimina le espressioni artistiche in funzione della loro compromissione del fine esegetico, ovvero ci sono espressioni puramente speculative, altre più strumentali, altre meramente strumentali ma suscettibili di riflessioni. Mi spiego..semplificando....il quadro (speculazione pura)...l'illustrazione (strumentale alla storia )...il logo (puro marketing, ma con implicazioni importanti). Oggi nella nostra mancanza di definizione, chi siamo? da dove veniamo? dove stiamo andando? anche l'arte ha perso chiarezza e finisce per essere la categoria dello "strano", "inusuale", "stravagante", ed è per questo che la vediamo particolarmente maltrattata, perché troppi compagni di viaggi mirano a sottrarle il posto.

    Joan Mirò "Ci ho messo tutta una vita per imparare a disegnare come un bambino”

    RispondiElimina
  2. La stravaganza a tutti i costi e' una pratica noiosa oltre che particolarmente lontana dalla mia concezione di arte.

    Trovo che il professionismo sia piu' vicino all'esecuzione e l'arte piu' vicina all'ideazione.
    Il punto e' che mi sembra che sempre piu' spesso l'ideazione arrivi dal professionista che ritenendosi all'altezza perche' ha studiato si permette di intromettersi in campi che non gli competono

    RispondiElimina
  3. Concordo pienamente con il parallelo professionista/artista esecuzione/ideazione. Sicuramente ci sono molte persone che non se lo possono permettere che fanno arte...ma d'altronde chi prima di provare è sicuro di poter riuscire...il tentativo credo sia sempre un gesto apprezzabile purché non accompagnato dalla pretesa della riuscita, e non sia pura gestualità ma abbiamo un fine.

    RispondiElimina
  4. Il mondo del professionismo non si pone domande tra l'altro. Il mero utilizzo economica di un'opera non fa di essa arte.
    Inoltre la ricerca e la profondita' che si mette in un progetto quando questo non ha limiti tecnici di consegna o simili non si puo' certo pretendere da chi deve guadagnare dal prodotto che sta creando.
    La sensibilita' dell'artista e' tale perche' incondizionata e non si puo' neanche immaginare di chiedere al professionista di fare qualcosa ponendosi domande di una certa profondita'... non ne ha il tempo materiale.

    RispondiElimina